Mirate Avv. Aldo
 
Leuzzi Avv. Giuseppe
 
Bagnadentro Avv. Paolo
 
Avidano Avv.Alberto

La responsabilità penale dell'avvocato

La responsabilità penale dell'avvocato


La responsabilità penale dell’avvocato

Sintesi della lezione tenuta dall’avv. Aldo Mirate il 25.2.2011 nell’ambito degli eventi formativi organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Asti.

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L’avv. Mirate, pur lamentando la carenza di dati statistici precisi, è partito dalla sottolineatura che, al di là delle specifiche contingenze che avevano caratterizzato gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso col coinvolgimento in processi penali di avvocati che difendevano le aree di contestazione politica e sociale, molte sono le fonti che segnalano un incremento statistico del coinvolgimento degli avvocati in vicende a sfondo penale (soprattutto dopo il 1989, anno di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale); e ciò nonostante il quadro dei cosi detti “reati propri” sia rimasto immutato.

Venendo agli aspetti più squisitamente tecnici si è soffermato sull’istituto del concorso delle persone nel reato delineato dall’art. 110 c.p.( principale veicolo del coinvolgimento degli avvocati nelle vicende penali con le quali vengono professionalmente a contatto), facendo una comparazione con la configurazione che ne faceva il codice Zanardelli ed accennando alla nuova configurazione delineata nei progetti Pagliaro e Grosso.

Ha ricordato come l’attuale configurazione normativa, da una parte, sia in diretta dipendenza del principio che è stato accolto, sotto l’influenza del positivismo criminologico, dal codice Rocco in tema di “rapporto di causalità” (art. 41 c.p.) e dall’altra parte, obbedisca ad una logica politica, propria dello stato autoritario dell’epoca, volta a consentire una più ampia e dispiegata potestà punitiva dello stato medesimo ( la presunzione di innocenza fu definita da Alfredo Rocco “una stravaganza derivata da quei vieti concetti, germogliati nella rivoluzione francese, per cui si portano ai più esagerati ed incoerenti eccessi le garanzie individuali”).

Ha poi lungamente analizzato la casistica giurisprudenziale emergente dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, sia con riferimento ai cosi detti “ reati propri” della professione forense  - patrocinio o consulenza infedale (art. 380), altre infedeltà del patrocinatore (art. 381), millantato credito del patrocinatore (art. 382) -  sia con riferimento ad alcuni “reati comuni” nei quali, secondo una sommaria disamina dei repertori, gli avvocati vengono più frequentemente coinvolti, vale a dire favoreggiamento personale (art. 378), appropriazione indebita (art. 646), bancarotta fraudolenta (artt. 216,223,236 L.F.), oltraggio a magistrato in udienza (art. 343).

Si è poi soffermato sulle problematiche che sorgono in relazione alle investigazioni difensive del difensore contemplate dal titolo VI del libro V del codice di procedura penale (art. 391 bis e segg.) commentando in particolare la sentenza a S.U. 28.9.2006, n. 32009 e soffermandosi sulla problematicità della qualifica di pubblico ufficiale che la stessa attribuisce al difensore quando forma “il verbale nel quale raccoglie le informazioni” che sono destinate “a provare fatto determinati” nell’interesse del cliente; qualifica alla quale si correla la possibile responsabilità per falso ideologico in atto pubblico, in capo allo stesso difensore, ove l’atto presenti profili di mendacio.  

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